I figli, soprattutto piccoli, non hanno molto senso del ragionare nei termini di comportamento giusto o sbagliato. I bambini hanno bisogno di imparare a vivere e apprendere quello che non conoscono.
Difficile trovare nell’educazione qualcosa che non dipenda dai genitori.
I genitori e gli educatori hanno il compito di aiutare i bambini a crescere sviluppando tutte le loro risorse.
Alla base di una buona educazione c’è sempre un’ottima organizzazione la capacità di gestire bene i conflitti.
Il fattore organizzativo nei genitori ed educatori permette ai bambini di avere chiarezza e questo per loro è un elemento di sicurezza. Non si può lasciare l’educazione al caso. È necessario stabilire regole condivise tra i due genitori. Vi dev’essere gioco di squadra e i genitori devono collaborare sulle decisioni comuni.
Un altro fattore per il bambino è il tempo. Non conta la quantità, ma la qualità del tempo. È il nostro stare assieme a loro che gli trasmette valori, profondità e senso delle esperienze importanti.

Ogni fase della vita è segnata da tappe evolutive che vanno rispettate e favorite. Tutto quello che un bambino sa fare lo deve fare, altrimenti rischia la frustrazione.
Maria Montessori ripeteva spesso: “Quando un bambino non può fare quello che è in grado di fare, perché qualcuno non glielo permette sovrapponendosi, non si tratta di un errore, ma di un danno.”
La prima tappa avviene nel primo anno di vita, e questo periodo origina l’imprinting.
I comportamenti infantili fino al sesto anno di età, non possono mai essere definiti violenti. Dobbiamo aiutare i bambini a “litigare bene”, stare dentro i conflitti e ad accettare divergenze e sentimenti che questi provocano, aiutandoli a sperimentarsi dentro le situazioni problematiche. È meglio che obbligarli a non litigare.
È importante accettare ed ascoltare l’aggressività dei bambini, il che non significa giustificarli o ignorarli, ma aiutarli a gestire la situazione.
Come, ad esempio il litigio tra coetanei. In questo caso:

  • È sbagliato mettersi in mezzo – è importante distinguere i litigi e non intromettersi perché se ci lasciamo coinvolgere, è probabile che venga modificata la dinamica conflittuale e che diventi un problema a carico genitore.
  • È giusto fare due passi indietro – tenerci alla giusta distanza è già efficace perché il litigio si risolva in fretta.
  • Poi, eventualmente, fare due passi avanti – spingere i bambini a parlare delle reciproche versioni dei fatti, aiuta a esternare le loro emozioni e scoprire così un nuovo punto di vista.

Nel litigio tra genitori e figli è fondamentale non lasciarci troppo coinvolgere emotivamente, non metterci subito alla ricerca della soluzione, ma cercare di capire cosa davvero si nasconde nel problema. Per fare questo occorre darsi del tempo, fermarsi e non reagire sull’onda dell’emotività. Comprendere le ragioni di quello che sta accadendo a noi ed ai nostri figli, è più efficace che voler ottenere una sintonia costante. Meglio fare domande che raccogliere provocazioni.