“Fortuna che il tempo
lavora in fretta quando
hai sei anni”
Che cosa abbiamo fatto dell’infanzia?
I bambini di oggi hanno meno libertà di quanta ne avessimo noi da piccoli. I bambini sono fatti per giocare ed esplorare e l’impulso al gioco in loro è biologico. Soffocarlo non ucciderà il corpo fisico come succederebbe senza cibo, acqua o aria, ma uccidere l’impulso al gioco sta significare arrestare lo sviluppo mentale del bambino.
Il gioco esercita nel bambino ==> abilità fisiche, intellettuali indispensabili ad affermarsi nella cultura in cui crescono.
Peter Grey è un esperto di psicologia evoluzionista dello sviluppo e si basa su una prospettiva Darwiniana spiegandoci come nelle società di caccia e raccolta i bambini sono responsabili del proprio sviluppo, senza
bisogno di scuole che dicano che cosa debbono fare.
P. Gray è un fautore della “libertà”, “dell’essere liberi di…”.
Per lui i bambini sono biologicamente predisposti ad educarsi da sé. Se si dà loro la libertà e i mezzi concreti essi, come fiori, sbocciano. Hanno un naturale istinto infantile per l’autoformazione.
50 anni di declino
Prima metà del 900 = viene definita “l’età dell’oro del gioco infantile non strutturato”. Ossia non privo di struttura ma strutturato dai giocatori stessi invece che da una autorità esterna che ne sancisca le regole o il dovere di fare o non fare certe cose.
Sono i giocatori che decidono cosa e come giocare, liberi di modificare pian piano le regole. I bambini imparano a strutturare il loro comportamento. Sono due le cause che hanno dato opportunità alla nascita del gioco libero:
1) graduale calo della domanda di manodopera infantile nelle città industriali (ricordiamo che con la rivoluzione industriale la manodopera infantile era altissima!!). Questo porta ad avere più ore per giocare .
Da qui il crescere del gioco libero tra l’inizio e metà del XX secolo. Tuttavia:
2) comincia ad affermarsi la tendenza dei genitori a un graduale aumento di controllo sulla vita dei bambini. Da metà novecento aumenta sempre di più il controllo e di conseguenza il declino del gioco libero. Inizia esserci:
• obbligo scolastico
• permanenza maggiore a scuola.
Il tutto scandito da una struttura. L’anno scolastico si allunga e le giornate scolastiche anche. Una volta dei bambini ci si fidava, ora no e i genitori controllano anche quando giocano. Se a scuola un bambino va male nasce l’idea del fallimento; la scuola si infiltra sempre di più nella vita domestica e familiare. La scuola si infiltra nella vita dei bambini favorendo l’affermazione che bambini progredirebbero svolgendo compiti assegnati valutati poi dagli adulti, mentre le attività infantili spontanee sarebbero tempo perso. Cresce un’idea antiludica che:
✗ guarda alla prestazione misurabile (i voti)
✗ perde interesse per quel tipo di apprendimento che non è misurabile (la creatività, il pensiero divergente, come i bambino giocano).
Questa prestazione viene esaltata non solo a scuola, ma ogni sorta di attività extra scolastica che prevede una valutazione positiva da parte degli adulti. Il bambino crea un curriculum: la scuola, il corso di lingua, lo sport, premi, gli onori e tutto è dovuto all’accresciuto peso di scolarizzazione.
Alla domanda: Perché i figli giocano meno? In un sondaggio nel regno unito il 78% dei genitori dice: “paura che un estraneo molesti il figlio o la figlia” . In un altro sondaggio condotto su 830 madri negli USA, l’80% dice che i propri figli giocano di meno all’aperto rispetto a loro da piccole. In un’ altra ricerca sul lungo periodo la sociologa Sandra Hoffert ha studiato la quantità di tempo che campioni di bambini impegnavano quotidianamente in diverse attività nel 1981, e nel 1997 (più o meno 10 -15 anni). I bambini fra i 6 e gli 8 anni nel 1997 passavano rispetto ai coetanei del 1981: il 18% di più a scuola, il 145% di tempo in più a svolgere i compiti a casa, il 168% in più del tempo ad accompagnare i genitori a fare commissioni; il 19% in meno guardare a guardare la tv, il 25% in meno giocare, il 55% in meno a chiacchierare in casa con altri.
La vita giocosa dei bambini nelle società di caccia e raccolta.
Geneticamente siamo tutti cacciatori/raccoglitori perché per migliaia di anni siamo stati così plasmati. Abbiamo avuto:
autonomia- condivisione -uguaglianza.
Se qualcuno diventava superbo le armi che si usavano abitualmente per sconfiggere la superbia erano:
– il ridicolo: prendere in giro l’altro
– l’isolamento: trattarlo come se non ci fosse.
Nella società di caccia e raccolta i genitori sono fiduciosi nei confronti dei figli: non danno ordini // non dicono “è ora di dormire” // non li sgridano // i bambini sono liberi di esplorare l’ambiente e se prendono in mano un oggetto pericoloso i genitori li lasciano scoprire i rischi da soli //non vengono dette parole atte a scoraggiarli.
In molte società di caccia e raccolta i bambini giocano quasi tutto il giorno, anche con strumenti di lavoro perché giocare con certe cose rende abili ad usarle. Se un bambino chiede come si fa una cosa, l’adulto gliela mostra. Il gioco per loro non è un dovere. Nel gioco collettivo bisogna soddisfare non solo il proprio volere, ma anche quello dei compagni. Vi è importanza del negoziare e comporre le divergenze. Nel gioco è importante l’autocontrollo, anche quando le cose non ci riescono bene.
Sull’importanza dell’autocontrollo un antropologo racconta una vicenda di una bambina Indù: “ Nel giocare era rimasta intrappolata con il piede. Non andò in crisi ma attese che arrivasse lo zio che nel trovarla la vide composta e si comportava come se nulla fosse. Infatti, anche l’autocontrollo ha una base antichissima nel nostro patrimonio genetico. Niente attirerebbe un predatore più di una creatura in lacrime, agitata, sola e senza via di fuga per sopravvivere. Potrebbe non essere un caso che nelle società in cui si gioca di più vi è anche un elevato autocontrollo.”
I sette peccati del nostro sistema di istruzione forzata
Solitamente ai bambini, man mano che crescono, piace sempre meno la scuola. Non piace perché non si sentono liberi.
1: Negazione della libertà senza giusta causa e senza processo. I bambini vanno a scuola per l’età, hanno l’età in cui bisogna andare a scuola.
2: Interferenza con lo sviluppo della responsabilità personale e dell’autodeterminazione. Viviamo in una società il cui presupposto è che i bambini siano irresponsabili, riempiendoli di impegni forzati li priviamo del tempo e delle opportunità di cui hanno bisogno per l’esercizio dell’autodeterminazione della responsabilità. Il messaggio è: “se fai come si deve e quello che ti dicono di fare a scuola, ti andrà tutto bene”. I bambini che interiorizzano questo messaggio smettono di assumersi la responsabilità della propria formazione. Se poi le cose non vanno è sempre colpa degli “altri” cioè: la scuola, i maestri, genitori.
3: Erosione dell’intrinseca motivazione all’apprendimento trasformandolo in lavoro. I bambini, in brevissimo tempo, acquisiscono un’ incredibile mole di nozioni su ciò che li circonda. La natura non li spegne, ma la scuola sì perché l’apprendimento scolastico viene presentato come un lavoro e non un gioco. Anzi l’ ansia provocata inibisce la giocosità. Invece è approvato che si impara meglio in uno stato mentale giocoso.
4: Valutazione degli studenti. Mentre una volta c’era la punizione corporea e l’umiliazione perché non i studiava, ora ci sono i voti e i test per motivare allo studio. i bambini sono spinti a vergognarsi se sono meno bravi dei compagni e a inorgoglirsi se sono più bravi. C’è l’idea che i voti alti siano la cosa più importante a scuola. Se l’alunno ha dei bei voti anche il professore ne è orgoglioso.
5: Interferenza con lo sviluppo della collaborazione e crescita del bullismo. Noi siamo animali sociali. A scuola si sponsorizza l’aiuto reciproco, ma si insegna l’egoismo. È molto importante che il gioco sia di età diverse perché in questo modo si stimolano istinti di accudimento e responsabilità. A scuola, invece, i bambini sono costretti a stare con i coetanei. Gli psicologi hanno inoltre evidenziato una crescita esponenziale di narcisismo fra bambini; l’egoismo e lo scarso interesse per altri porta al bullismo.
6: Inibizione del pensiero critico. La scuola vorrebbe insegnare il pensiero critico, ma quello che tira fuori dagli studenti sono solo cose che la scuola vuole sentirsi dire. Nessuno direbbe le cose diversamente da come stanno perché si ha paura del brutto voto. L’ansia impedisce di giocare e quindi impedisce di mettersi alla prova.
7: Diminuzione della varietà di abilità e conoscenze. La scuola obbliga tutti a seguire percorsi standardizzati. In questo modo non c’è più personalizzazione. (Vedi le intelligenze multiple di Gartner)
Gli istinti pedagogici umani.
Noi siamo animali educabili. E l’educazione è trasmissione culturale. Abbiamo l’istinto di acquisire e fare affidamento sulla cultura a cui apparteniamo. I mammiferi sono l’unica specie che esplora in maniera
consapevole per acquisire informazioni di vario tipo sull’ambiente. Molte ricerche sulla curiosità e l’esplorazione sono state condotte sui bambini in età prescolare e neonati. Essi osservano molto più a lungo le scene che non hanno mai visto rispetto ad altre scene già note.
L’insegnamento (ti dico quello che devi fare) toglie la curiosità.
Schulz prova che i bambini a cui viene spiegato come funziona un gioco perdono interesse rispetto ai bambini il cui gioco viene solo dato. Nei secondi si attiva la curiosità e l’esplorazione per scoprirne le possibilità. Prima vi è curiosità, poi esplorazione e giocosità.
Karl Gross studia il gioco tra gli animali e il gioco tra gli umani. Si rende conto che gli animali (soprattutto i mammiferi) devono imparare a usare i propri istinti che ci sono per natura, ma essi devono essere esercitati e raffinati. Infatti i bambini giocano di più degli adulti perché hanno più cose da imparare. I mammiferi giocano di più di altre classi animali. Gli insetti, rettili, anfibi e pesci non devono apprendere granché per sopravvivere e infatti non ci sono prove di grandi tecniche di gioco. I mammiferi, di contro, hanno istinti più flessibili che è indispensabile integrare attraverso l’apprendimento e l’esercizio garantiti dal gioco. Il gioco cambia anche tra mammiferi e mammiferi. Si può prevedere come giocherà un animale sapendo quali abilità dovrà sviluppare per sopravvivere; es. i leoncini giocheranno ad appostarsi e a cacciare mentre i piccoli di gazzella e zebra giocano a scappare e spostarsi rapidamente.
Gli umani rispetto agli altri animali hanno da imparare e quindi giocano di più. Giocano a imitare le abilità che dovranno sviluppare per cavarsela bene da adulti. I bambini includono nei loro giochi le attività degli adulti: Gioco fisico, gioco verbale, gioco esplorativo, gioco costruttivo (costruisco l’oggetto con la mente).
Quando il gioco verbale prosegue in età adulta la chiamiamo poesia. Il gioco costruttivo si può fare sia con i materiali e sia con le parole e suoni. In questo modo costruiscono storie, racconti e poesie per gioco. Inoltre nel bambino vi è:
• Il gioco di fantasia:siamo l’unico animale dotato di immaginazione. Il gioco di finzione è il primo mattone su cui sviluppare il pensiero logico .
• il gioco sociale: esso insegna a collaborare, a trattenere gli impulsi ed essere socialmente accettabili.
Qui vi è il fenomeno del “gaz-following” . I bambini tendono a guardare con gli occhi qualunque cosa stia guardando in quel momento chi si occupa di loro. Anatomicamente la struttura oculare dell’uomo (a differenza degli animali) è formata da un’ iride circolare che è messa in evidenza dal bianco candido della cornea. Questo permette agli altri di guardare e capire facilmente dove stiamo guardando. Il miglior adattamento dell’uomo per l’apprendimento sociale é linguaggio. Esso ci permette di parlare tra di noi non solo del “qui e ora” ma anche di passato, futuro, di ciò che è distante o ipotetico. Nessun altro animale è in grado di farlo.
Lo stato mentale giocoso.
Problem solving e creatività peggiorano se si interferisce con la giocosità, e migliorano se la si favorisce.
Uno stato mentale giocoso permette ai bambini di risolvere problemi logici. Autori scoprono che è in un contesto ludico i bambini piccoli sono in grado di risolvere problemi logici che in un contesto serio sembrano incapaci di affrontare. L’apprendimento, la creatività sono rese più facili da qualunque cosa favorisca uno stato mentale giocoso, mentre sono inibiti dalla valutazione dell’aspettativa di una ricompensa.
Ma che cos’è il gioco?
• Il gioco è auto scelto e auto diretto. E’ ciò che si vuole fare in opposizione a ciò che si deve fare. Anche dipingere con le dita, se è fatto durante una lezione, viene percepito come un lavoro. Per cui
la gioia del gioco sta nella sensazione estetica della libertà.
• Il gioco è democratico e prevede delle regole anche se i giocatori possono liberamente accettarle o rifiutarle.
• Nel gioco i mezzi giustificano il fine. Non si gioca per uno scopo ma per il gusto di giocare. Esempio gatto che gioca col topo VS gatto che dà la caccia il topo. Il secondo uccide il topo in pochi secondi, Nel
primo caso invece il gatto prova vari sistemi, non tutti validi per catturare il topo. Il gatto che gioca gode dei mezzi, il gatto che caccia gode del fine.
• Il gioco è guidato da regole mentali.
• Il gioco è fantasia. Giocando si entra in un regno fisicamente ubicato nel mondo reale, dove si usano strumenti di quello, ma in qualche modo tale regno viene mentalmente scisso dal mondo reale.
VI è: IMMAGINAZIONE, IMMERSIONE e SOSPENSIONE L’immersione è il periodo della finzione, la sospensione è un temporaneo ritorno alla realtà (per allacciarsi le scarpe, per andare in bagno, correggere un giocatore che infranto le regole). Il gioco è uno stato mentale che stimola la fantasia.
• Si gioca in uno stato mentale vigile, attento ma non stressato. Barbara FredricKSon sviluppa la famosa “teoria broaden and build delle emozioni positive”. Secondo tale teoria le emozioni positive amplificano la percezione e lo spettro del pensiero (Sperimentare nuove idee combinazioni) VS le emozioni negative restringono la percezione e il pensiero. Da una prospettiva evoluzionistica le emozioni negative (soprattutto ira e paura) sorgono per affrontare le emergenze (ES. paura se mi ritrovo davanti a un orso), ma le emergenze non sono l’occasione giusta per concentrarsi su idee e comportamenti nuovi (es. se vedo un orso scappo o mi arrampico da qualche parte, non sto lì a pensare che cosa fare).
• Il potere del gioco sta nella sua futilità. Nel fittizio mondo ludico il bambino si sente libero di sperimentare cose che sarebbero troppo rischiose o non sperimentabili nel mondo vero.
Il ruolo del gioco nello sviluppo sociale ed emotivo.
- per far procedere il gioco, bisogna accontentare tutti.
- le regole si possono modificare e vengono stabilite dai giocatori.
- i conflitti si risolvono attraverso la discussione,la trattativa, il compromesso.
- non c’è una vera differenza tra la propria squadra e quella avversaria, le squadre si ridecidono di continuo.
- è più importante giocare bene e divertirsi che vincere.
- lezioni di gioco socio drammatico.
Liberi gruppi di età mista: un ingrediente chiave dell’autoformazione infantile.
Se si guarda alla storia, per anni l’homo sapiens viveva in gruppi misti dove i bambini dovevano occuparsi dei fratellini minori e questo significava includerli nei propri giochi. Con la nascita della scuola dell’obbligo vi è stata l’espansione sul larga scala della scuola dell’obbligo divisa in classi di età. Nella società tutto è creato per ridurre all’esaurimento le occasioni di incontro fra bambini di età diverse. È invece molto importante l’osservazione degli altri che richiede un “prestare attenzione” su come gli altri fanno le cose.
Con i giochi in gruppi di età mista i più grandi imparano ad accudire e guidare. I più piccoli sono stimolati a impegnarsi nelle attività avanzate svolte dai più grandi, così i più grandi sono stimolati ad impegnarsi nelle attività fantasiose e creative svolte dai più piccoli.